Leganti

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Leganti

Per leganti si intendono quelle materie che servono a tenere uniti e aderenti i materiali come le pietre ed i laterizi.
I leganti impiegati nel settore delle costruzioni (gesso, calce aerea, calci
idrauliche, cemento Portland) sono costituiti da polveri finissime ottenute da processi di cottura e macinazione di rocce e terre naturali e consentono la preparazione di malte.

Una malta è un composto di tipo fluido con la caratteristica di essere in grado di unire tenacemente i materiali una volta che il composto sia passato allo stato solido.
La presenza di un materiale inerte, in genere sabbia, è importante perché dona al composto finale porosità e lo rende permeabile all’aria, inoltre l’inerte non è soggetto - a differenza del legante - a ritiro volumetrico nella fase di maturazione.

Si indica con presa il fenomeno di rassodamento dovuto all’asciugatura dei leganti, e con il termine indurimento il successivo fenomeno della accresciuta tenacia degli stessi nel tempo.

I leganti possono essere suddivisi in due classi: i leganti aerei e i leganti idraulici: i primi possono far presa ed indurire solo se esposti all’aria, poiché se mantenuti in acqua non fanno mai presa e tanto meno induriscono; i secondi, invece, possono far presa e indurire anche sott’acqua.
Tra i leganti aerei ci sono le calcine grasse comuni, o più semplicemente dette, calcine bianche da fossa o grassello, tra i leganti idraulici troviamo i cementi idraulici naturali e il cemento Portland.

La calce, un materiale antico

Nella storia si trovano esempi di applicazione di leganti a partire da tempi antichi. Impasti di acqua con gesso, terre argillose o rocce calcaree, uniti a sabbie e detriti, si possono trovare dall’epoca egizia, nelle antiche architetture arabe e nelle svariate realizzazioni edilizie dei romani (nell’immagine di seguito il Pantheon, a Roma, con la cupola di quasi 45m di diametro).

Le prime tracce di manufatti in calce si trovano in Palestina e dintorni: queste risalgono a circa 14 - 15 mila anni fa. I forni da calce furono realizzati circa 2000 anni prima della venuta di Cristo, in Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate, in prossimità della città di Ur.

Si ritiene che quasi tutte le antiche cività, come gli Egiziani, i Cinesi, i Maya oltre ai Fenici, ai Greci ed ai Romani, abbiano conosciuto la tecnica della cottura della calce ed il suo impiego.
Dalla Mesopotamia la conoscenza della fabbricazione della calce si diffuse rapidamente nel vicino Mediterraneo.

Sembra quindi che i Fenici conoscessero già le proprietà idrauliche dell’argilla cotta mista con la calce, il cui impiego si è trasmesso sino ai giorni nostri con quei prodotti che si ottengono appunto mediante la torrefazione dell’argilla e che noi annoveriamo fra le pozzolane artificiali.

Vitruvio, nel De architectura (Libro II, capitolo VI) fa riferimento alla pozzolana, una roccia effusiva della famiglia dei tufi, ricca di silicati idrati di alluminio.
“Avvi ancora un’altra specie di polvere che fa naturalmente effetti meravigliosi. Si trova essa ne' contorni di Baja, e ne' territori de' municipi che son intorno al Vesuvio; la quale mescolata con calcina e pietre, reca fermezza non solo ad ogni specie di fabbriche, ma particolarmente assoda quelle moli che si fanno in mare sott’acqua”.

Dalla roccia calcarea alla calce

Già i Romani ed i Fenici prima di loro, avevano imparato ad usare la calce come materiale da costruzione, mescolata con la sabbia a formare la malta.

Vitruvio, nella sua opera De architectura ne descrive la produzione a partire da pietre bianche, cotte in forni, le calchere, dove perdono peso. Il materiale ottenuto, la calce viva, era poi “spenta” gettandola in vasche piene d’acqua.

Vitruvio, De architectura (Libro II, capitolo V)
[..] la calcina, la quale dev'essere formata di pietra bianca, o selce, cotta: e quella che sarà di pietra densa, e della più dura, riescirà migliore per la fabbrica, sebbene per l'intonaco sia migliore quella di pietre spugnose. Spenta che sarà, si farà l'impasto della medesima coll'arena, in guisa che v'abbia una parte di calcina con tre di arena, se sarà di cava [..]. Che se nell'arena di fiume o di mare, vi si aggiungerà una terza parte di mattone pesto, e passato pel vaglio, diverrà la calce di migliore riuscita e forza. Il perché poi faccia stabile muratura la calcina mista d'acqua e di arena, questa sembra sia la ragione: cioè l'esser le pietre, come tutti gli altri corpi, composte anch'esse di elementi; onde quelle che hanno maggior porzione d'aria sono tenere, molli sono per l'umido quelle d'acqua, dure quelle di terra, assai fragili quelle di fuoco. Da ciò nasce che se codeste pietre prima di cuocersi minutamente si pestassero, e mescolandole coll'arena si adoperassero nella fabbrica, in niuna maniera la fortificherebbero, né la potrebbero reggere. Ma dappoiché queste medesime pietre gettate nella fornace, avranno perduto per la veemenza del fuoco il primiero vigore della solidità, restando bruciate, e spossatene le forze con evidenti e vuoti pori, essendo allora estratti e svaniti e l'umido e l'aria che conteneansi nel corpo della pietra e restandovi solo rinchiuso il calore, tuffata che sia quindi nell'acqua, per essa più che nel fuoco ripiglia vigore, e bolle per l'umido che penetra ne' vuoti pori; e raffreddandosi scaccia dappoi dal corpo della calcina l'ardore. [...] Essendovi adunque questi vacui e pori aperti, ivi s'introduce l'arena, e così vi fa lega, e seccandosi unitamente colle pietre si consolidano queste materie, e rendono ferma e solida la fabbrica."

Le calchere

Le calchere, i forni per la produzione di calce, erano già stati descritti da Empedocle al tempo dei romani.

Se ne trovano diverse in tutta l’area dolomitica e prealpina in quanto la materia prima, la roccia calcarea, è sempre di ottima qualità; il prodotto finale veniva a volte trasportato e commercializzato in luoghi lontani, ma principalmente serviva per le necessità locali.

Per produrre la calce si raccoglievano sassi di roccia calcarea di non grandi dimensioni, per favorire la più facile lavorabilità, e li si accatastava all’interno di una apposita struttura, la calchera per l’appunto, fatta a modo di botte, parzialmente scavata nel terreno e rivestita a secco di altro pietrame.
Prima di accatastare i sassi, si provvedeva a riempire una camera di combustione proprio sotto la catasta di sassi, la porticina aveva lo scopo di permettere l’ingresso di aria ossigenata per la combustione oltre a permettere l’accensione del fuoco stesso e la continua alimentazione.
Doveva essere un fuoco molto allegro, fatto bruciando tronchi di faggio o abete finemente tagliati, e doveva durare ininterrottamente e con costanza per circa otto giorni. La temperatura che si raggiungeva era tra gli 800 e 1000 gradi e l’operazione di mantenimento del fuoco era seguita da almeno quattro addetti e sorvegliata e diretta da una persona di grande esperienza, il fornaciaio.
Per controllare lo stato di cottura si prendeva uno dei sassi e lo si buttava nell’acqua fredda e si verificava la tumultuosa (e pericolosa) reazione. Oppure si tentava di forare un sasso utilizzando un apposito punteruolo un ferro, se si riusciva a penetrarlo la calce era pronta.
I sassi, ora trasformati in bianca calce detta appunto calce viva, sono altamente reagenti con l’acqua e potevano provocare ustioni gravi. La calce viva veniva gettata in una apposita fossa scavata nel terreno ed irrorata d’acqua, e provocava una tumultuosa reazione chimica. Al termine si aveva la calce morta detta anche calce spenta ed era pronta per la commercializzazione e l’utilizzo.

Chimica della calce

Cottura della roccia calcarea in forno a circa 900°C: si libera anidride carbonica e si forma la calce viva (ossido di calce):

CaCO3 → CaO + CO2

La calce viva viene bagnata e con una reazione in cui si libera molto calore si forma l’idrato di calcio, la calce spenta.

CaO + H2O → Ca(OH)2 + calore

La calce, mescolata con sabbia e acqua per formare la malta, viene utilizzata e durante la presa e l’indurimento assorbe anidride carbonica dall’aria rilasciando gradualemnte acqua, e torna così a essere calcare

Ca(OH)2 + CO2 → CaCO3 + H2O

Il cemento Portland

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